Non possiamo godere del tempo libero se la nostra mente è occupata dalle nostre occupazioni e preoccupazioni, ma non possiamo lavorare in modo produttivo se non ci ritagliamo i necessari momenti di vuoto in cui rilassarci e ricaricarci.
A differenza di ciò che siamo portati a credere, concedersi un paio d’ore di inoperosità alla settimana non è tempo perso, anzi, serve a coltivare la creatività, ad allentare le tensioni e a essere più produttivi.
Anche la scienza lo conferma: interrompere il flusso di lavoro, prendersi delle pause aiuta a mettere in ordine le proprie idee, a sentirsi soddisfatti e a ritrovare la motivazione per continuare meglio.
Secondo uno studio condotto da un gruppo di neurologi dell’Università di Kyoto, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, nei momenti dedicati alla riflessione e alla meditazione si stimola il precuneo, una regione del cervello strettamente collegata con l’appagamento.
La serenità passa dunque dal saper gestire bene il proprio tempo libero, che tuttavia ha il difetto di sembrare poco. A guardare bene, però, l’attività frenetica in parte ce la cerchiamo: se c’è un piccolo interstizio tra un impegno e l’altro, ne approfittiamo per far qualcosa. Alcuni studiosi reputano che il momento di pausa fa paura: restando soli con noi stessi rischiamo di rimanere a tu per tu con i nostri nodi irrisolti, i limiti e le parti che rifiutiamo e non vogliamo ascoltare.
Il tempo vuoto, così, diventa un nemico da evitare il più possibile e spinge ad attivare delle difese. Per esempio, a coprire quel silenzio da cui nascono le ansie più acute: il messaggio che non arriva o la telefonata che ritarda, con impegni di qualsiasi tipo, telefono, tablet, tv.
Essere costantemente impegnati, insomma, anestetizza il senso di solitudine. Ma andare avanti senza pause può causare disturbi fisiologici come tachicardia, alopecia, dermatite, gastrite; può provocare problemi di natura emotiva, per cui ad esempio si può diventare più ansiosi o più fragili e scoppiare a piangere per un nonnulla; oppure può intaccare le funzioni cognitive provocando disturbi nell’attenzione, nel linguaggio o danni a carico della memoria a breve termine. Si tratta spesso di disturbi temporanei, ma che non vanno sottovalutati.
Per rompere questo circolo vizioso, il primo passo è considerare la solitudine non come qualcosa di triste e negativo, ma come un momento per tornare in contatto con sé stessi, riscoprire il piacere di pensare, più che parlare, di guardarsi intorno più che chattare. I benefici saranno tantissimi: aumenterà il senso d’indipendenza, l’empatia, l’autostima e il pensiero positivo.
Per concederci dei sani momenti di ozio, bastano pochi gesti come passeggiare senza fretta fermandosi ad ammirare la natura, il paesaggio che cambia. Si tratta semplicemente di trovare del tempo per fare ciò che piace, abbandonando l’ansia del controllo e lasciandosi sorprendere da quello che accade.
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