“L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La Costruzione è per tener su: l’Architettura è per commuovere“ – Le Corbusier
Charles-Edouard Jeanneret, che scelse di presentarsi al mondo con lo pseudonimo Le Corbusier, è certamente la figura di maggior spicco nel complesso panorama dell’architettura del XX secolo.
Le Corbusier nasce il 6 ottobre 1887 a La Chaux-de-Fonds, Svizzera, dove studia alla scuola d’arte, orientandosi poi, su consiglio del suo maestro Charles L’Esplattenier, verso l’architettura.
Esordisce come architetto nel 1905, costruendo a soli diciassette anni una villa per Louis Fallet, in collaborazione con l’architetto René Chapallaz. Come da tradizione dell’epoca, però, subito dopo la conclusione degli studi intraprende un lungo viaggio in giro per l’Europa, che lo segna profondamente: tra il 1907 e il 1909, Le Corbusier visita e ridisegna opere osservate in Italia (in particolare, la Certosa di Ema che negli anni Cinquanta diventerà modello per la costruzione del convento di La Tourette), Ungheria e Austria (a Vienna ha frequentato gli studi di Josef Hoffmann, Koloman Moser e Gustav Klimt); fino a raggiungere la Francia e Parigi che diventa temporaneamente la sua nuova casa, grazie a un impiego ottenuto come disegnatore presso i fratelli Perret. Rientrato brevemente a La Chaux-de-Fonds, viene incaricato di redigere uno studio sulle arti decorative tedesche (Étude sur le mouvement d’art décoratif en Allemagne, 1912) durante il quale matura la volontà di trasferirsi in Germania. Qui, ha contatti con Walter Gropius, Mies Van der Rohe, Heinrich Tessenow e Peter Berehens, che lo assume per un breve periodo.
Solo intorno al 1920 cominciò realmente a lavorare come architetto. Durante la fase di apprendistato il problema fondamentale che si pone all’architetto ha un duplice aspetto: da un lato organizzare lo spazio urbano, in modo che la città possa accogliere agevolmente le grandi masse di lavoratori di ogni livello sociale, legate alle attività contemporanee, dall’altro lato costruire edifici capaci di rispondere alle esigenze di vita collettiva ed individuale di quelle stesse masse.
Il suo sistema progettuale è improntato dunque all’uso di sistemi razionali, con moduli e forme estremamente semplici, secondo i principi del “Funzionalismo”. Inoltre, molte nuove metodiche per l’ingegneria furono introdotte proprio da Le Corbusier. Il tetto piatto con giardino pensile, ad esempio, rappresenta un importante contributo dell’architettura: esso è formato da un ampio spazio situato su banchi di sabbia, con l’aggiunta di ampie zone verdi poste al di sotto dell’abitazione. Nella sua infaticabile sperimentazione riesce anche a toccare gli estremi opposti in una varietà di linguaggi plastici, come testimoniano le villas La Roche-Jeanneret e Savoye(1929/31), “l’unite d’abitation” di Marsiglia (1947/52), La Cappella di Notre-Dame-Du-Haut sulla sommità di una collina che domina la borgata di Ronchamp( 1950/54), il convento dei domenicani La Tourette, La Maison De L’homme a Zurigo e L’ospedale di Venezia.
Nello stesso anno mostra, al Salon d’Automne, il suo progetto di una Città per Tre Milioni d’Abitanti, che sarà un caposaldo per i futuri studi urbanistici. L’anno successivo pubblica “Verso una Architettura”, il libro d’architettura più importante della prima metà del secolo scorso, un esplosivo manifesto in cui sostiene che l’impegno nel rinnovamento dell’architettura può sostituire la rivoluzione politica, può realizzare la giustizia sociale. Nel libro tratta di tre dei cinque punti: i pilotis, i tetti-giardino e la finestra a nastro. A questi tre elementi si aggiungeranno qualche anno dopo la facciata libera e la pianta libera. Sono i famosi “cinque punti di una nuova architettura” applicati con intenti teorematici in una delle opere più importanti del razionalismo architettonico, villa Savoye a Poissy del 1929.
Fra i progetti di pianificazione urbanistica elaborati da Le Corbusier meritano di essere ricordati quello di Algeri (iniziato nel 1930), di San Paolo, di Rio de Janeiro, di Buenos Aires, di Barcellona (1933), di Ginevra, di Stoccolma, di Anversa e di Nemour (1934).
In quegli anni, poi, scrisse un importante libro sui problemi connessi alla progettazione della città, La Ville Radiouse, che venne pubblicato nel 1935.
Nel 1944 ritornò all’atelier di Parigi e nel 1946 si trasferì a New York dove il suo genio innovatore fu definitivamente riconosciuto.
Morì nell’agosto del 1965 a Roquebrune, in Costa Azzurra.