Gianni Bugno il 6 giugno 1990 concluse il Giro d’Italia al primo posto indossando la maglia rosa dall’inizio alla fine, come riuscito solo a Eddy Merckx, Costante Girardengo e Alfredo Binda: un momento storico per il campione nato in Svizzera, ma brianzolo doc. Bugno, dopo stagioni promettenti, si svelò definitivamente vincendo la Milano-Sanremo con arrivo in solitaria dopo l’attacco sulla Cipressa e primeggiò in una edizione del Giro d’Italia passata alla storia. Vinse infatti la crono iniziale a Bari, che gli permise di indossare la maglia rosa poi mai tolta, la tappa di Vallombrosa e la crono del Sacro Monte.
Alla partenza
Nessuno se lo sarebbe mai aspettato agli inizi di maggio che di lì a poco Gianni Bugno avrebbe fatto la storia del giro d’Italia 1990. Le quattro edizioni precedenti della Corsa Rosa lo avevano visto alzare le braccia al cielo solo all’arrivo di Prato nel 1989 e rimanere fuori dai giochi di classifica. Tuttavia era reduce dall’aver dominato la Milano-Sanremo con l’attacco sulla Cipressa. I riflettori erano puntati sui dominatori dell’ultima edizione del Tour de France, l’americano Lemond e il suo delfino, il francese Fignon. C’era l’altro transalpino di punta, Mottet e lo spagnolo Marino Lejarreta, ma anche l’olandese Theunisse. Per non dimenticarci degli altri italiani Giupponi e Giovannetti, l’uno battuto solo da Fignon l’anno prima, l’altro fresco reduce dal trionfo alla Vuelta con la maglia della Seur. C’era infine Chioccioli, che vestiva i gradi di capitano della Del Tongo.
Gianni Bugno e la Chateau d’Ax di Gianluigi Stanga
Il 18 maggio Gianni Bugno anticipa di 3 secondi Thierry Marie e, a Bari, conquista la maglia rosa, che non perde più. Due giorni dopo, al primo arrivo in salita al Monte Vesuvio, vince lo spagnolo Chozas, un buon piazzato che spesso azzecca la fuga giusta, e Bugno chiude secondo, staccando il gruppo e consolidandosi in classifica. È il segnale che la Corsa Rosa ha trovato il suo leader.
I Favoriti
Lemond e Fignon palesano uno stato di forma scadente e si trovano pure a dover fronteggiare la cattiva sorte che taglia fuori il parigino, costretto ad inseguire per colpa di una caduta nella tappa con arrivo a Fabriano. Bugno non fa una piega e a Vallombrosa, in quota, dove si conclude la settima tappa, mette la firma sulla vittoria finale polverizzando il gruppo e vincendo a braccia alzate davanti a Ugrumov, Chioccioli, Mottet e Lejarreta, gli unici in grado di tenergli testa. In classifica alle spalle di Bugno emergono lo svizzero Steiger e il polacco Halupczok. Siamo alla lunghissima cronometro tra Grinzane Cavour e Cuneo, ed è qui che Bugno, pur arrivando secondo, confina in classifica generale Giovannetti e Mottet ad oltre quattro minuti. Il tripudio dei sostenitori, che oramai si sono moltiplicati, è il segno che nulla può fermare Gianni Bugno.
L’ultimo sforzo
Restano da affrontare le Dolomiti, ma la sensazione è che Bugno abbia in pugno la vittoria e sia padrone del percorso. Il 2 giugno si scala Valparola, Gardena, Sella, Pordoi, Marmolada e l’arrivo è ancora fissato sul Pordoi. Mottet azzarda l’attacco verso Fedaia, ma Bugno è la sua ombra: i due si involano e Gianni Bugno gli lascia il successo sulla cima più prestigiosa del Giro del 1990. Il giorno dopo, nella frazione che si conclude all’Aprica, i corridori fanno conoscenza con le terribili rampe del Mortirolo. Il gruppo rimane compatto e il nulla di fatto all’arrivo, che vede la vittoria del venezuelano Leonardo Sierra, consegna di fatto il Giro nelle mani di Bugno. Tre soli atleti, prima di allora, erano riusciti a chiudere il Giro d’Italia sempre in “rosa”: nel 1990, a soli 26 anni, Gianni Bugno diventa il quarto.
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