“Sono sempre stata interessata al concetto di frammentazione e all’idea di astrazione ed esplosione, de-costruendo le idee della ripetitività e della produzione di massa” (Zaha Hadid, 2007)
Zaha Hadid è considerata la più importante rappresentante, in età contemporanea, dell’architettura declinata al femminile: vera e propria archistar di fama mondiale, ha però iniziato la propria carriera come artista e si è occupata spesso di design d’arredo e di prodotto.
La vita di Zaha Hadid è segnata da una grande determinazione.
Nata a Baghdad nel 1950, studia matematica all’Accademia Americana di Beirut e successivamente si trasferisce a Londra per proseguire gli studi alla Architectural Association. Dopo essersi diplomata nel 1977, inizia a lavorare per Rem Koolhaas, uno dei suoi insegnanti.
Nel 1979, torna a Londra e fonda il suo studio di architettura Zaha Hadid Architects.
Nonostante le sue idee siano apprezzate e notate, nonostante vinca diversi concorsi anche importanti, le sue architetture non vengono realizzate perché considerate troppo avveniristiche, a volte addirittura irrealizzabili, ma le critiche però non cambiano la sua visione dell’architettura.
Uno degli incontri fondamentali sarà quello con Peter Rice, geniale ingegnere dietro a molti progetti tecnicamente complicati (come il Centre Pompidou e l’Opera House di Sydney.
Nel 1993, vengono realizzati i suoi primi edifici: una residenza a Berlino e la stazione dei pompieri al Vitra Campus. A partire da questa data, inizia una ascesa inarrestabile per la artista irachena che la porterà a diventare uno dei nomi più influenti del mondo dell’architettura e che la porterà ad essere la prima donna a vincere nel 2004 il Pritzker Prize, il Nobel dell’architettura.
Molto intensa è stata la sua attività in Italia: tra i suoi progetti più conosciuti figurano la Stazione marittima di Salerno (2000), il masterplan e la torre del progetto City Life di Milano (2004), il Messner Mountain Museum a Plan de Corones (2015).
Queste sono solo alcune delle opere prodotte da Hadid nella sua vivacissima carriera, guidata da tre chiavi di lettura: la metafora, ossia la traduzione in spazio architettonico dei principi dell’era dell’informazione e della tecnologia; lo spazio stesso, generato da principi analoghi a quelli che modellano l’ambiente naturale; e l’idea di paesaggio che a sua volta risulta modellato dalla progettazione digitale per dar vita a immagini ambientali complesse, inconsuete, a volte paradossali.